L’utilizzo dei dati nell’era dei social media: tra opportunità e rischi
Introduzione
Negli ultimi anni, i social network hanno rivoluzionato il modo in cui interagiamo, comunichiamo e condividiamo informazioni. Piattaforme come Facebook, Instagram, X (ex Twitter) e TikTok hanno favorito la connessione globale e l’accesso immediato alle notizie, ma hanno anche aperto la porta a significativi problemi di privacy e sicurezza.
L’enorme quantità di informazioni condivise dagli utenti viene analizzata da algoritmi, che modellano contenuti e interazioni in base ai comportamenti digitali. Questa raccolta dati, che migliora l’esperienza utente e l’efficacia delle strategie di marketing, solleva anche questioni importanti sulla gestione delle informazioni personali e sui rischi di manipolazione.
Se da un lato i social network promuovono la trasparenza e il coinvolgimento diretto, dall’altro possono diventare strumenti di propaganda e manipolazione: il loro impatto abbraccia anche la politica internazionale, modellando decisioni, crisi e conflitti in modi inediti e complessi. Uno dei maggiori problemi è il fenomeno delle fake news e della manipolazione informativa.
Infatti, durante le campagne elettorali, questo problema diventa ancora più rilevante: articoli e post contenenti informazioni non corrette, spesso progettati per screditare un candidato o esaltare un altro, possono diffondersi con una rapidità sconcertante, raggiungendo milioni di persone prima che possano essere smentiti.
Quindi, in che modo i nostri dati vengono utilizzati, quali rischi comporta questa raccolta e come possiamo tutelarci?
Come vengono utilizzati i dati degli utenti
Ogni volta che accediamo a un social network, lasciamo dietro di noi una scia di informazioni personali. Questi dati vengono raccolti dalle piattaforme attraverso algoritmi avanzati e tecnologie di tracciamento, che hanno portato, secondo la sociologa Shoshana Zuboff, alla creazione di un “capitalismo della sorveglianza“, un modello economico che si basa sull’acquisizione dei dati.
Questa raccolta di dati, il cosiddetto “surplus comportamentale“, va oltre quanto richiesto per migliorare i servizi. Tali analisi comportamentali diventano beni commerciabili che vengono per esempio venduti agli inserzionisti, in modo da raggiungere successivamente utenti specifici con pubblicità mirate.
Il surplus comportamentale rappresenta la quantità di informazioni sui comportamenti umani che può essere estratta da interazioni apparentemente innocue, come cliccare su un link, fare una ricerca o utilizzare un’applicazione (anche un semplice “mi piace” o il tempo di visualizzazione di un determinato contenuto all’interno dei social rientrano in questa categoria). Le piattaforme sono progettate per trattenere l’attenzione degli utenti il più a lungo possibile e non si limitano a soddisfare una domanda già esistente: piuttosto, creano nuove opportunità di profitto progettando gli ambienti digitali per influenzare i comportamenti e modellare e guidare le scelte degli utenti.
Le aziende tecnologiche raccolgono dati senza che gli utenti abbiano piena consapevolezza di ciò che avviene e senza offrire loro alcun controllo sul modo in cui le loro informazioni vengono utilizzate.
I dati vengono utilizzati principalmente per:
- Personalizzare le esperienze degli utenti, proponendo contenuti in linea con le loro abitudini.
- Ottimizzare le campagne pubblicitarie attraverso strategie di targeting avanzato.
- Generare modelli predittivi sul comportamento degli utenti.
Implicazioni della raccolta dati e rischi di manipolazione
L’analisi avanzata dei dati può essere utilizzata per scopi legittimi, come il miglioramento della user experience o lo sviluppo di nuove funzionalità. Tuttavia, può anche comportare rischi significativi:
- Disinformazione: i dati vengono sfruttati per la diffusione mirata di contenuti ingannevoli, amplificati da algoritmi che premiano l’engagement.
- Manipolazione delle percezioni: la personalizzazione estrema può limitare l’accesso a informazioni diversificate.
- Perdita di controllo sui dati personali: gli utenti, anche dopo aver espresso il loro consenso, spesso non hanno piena consapevolezza di come vengano utilizzate le loro informazioni.
Tutto questo dimostra l’enorme potenziale dei social media nel modellare l’opinione pubblica e hanno sollevato la necessità di normative più stringenti sulla gestione e sull’utilizzo dei dati. L’Unione Europea ha adottato, oltre al GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati), il Digital Services Act (DSA), introdotto nel 2022.
Il nuovo Regolamento mira ad aumentare la trasparenza sulla profilazione e il funzionamento delle piattaforme online per contrastare la diffusione di contenuti illegali, la manipolazione delle informazioni e la disinformazione online in modo da favorire un maggiore controllo democratico e una migliore vigilanza. Inoltre, le piattaforme online e i motori di ricerca di grandi dimensioni devono rispettare degli obblighi rigorosi, tra cui la condivisione dei propri dati chiave e dei propri algoritmi con le autorità e con i ricercatori autorizzati e l’adozione di codici di condotta specifici.
Misure per proteggersi
Per mitigare i rischi associati alla raccolta dati, è fondamentale adottare strategie di protezione adeguate:
- Controllare le impostazioni privacy dei propri profili e limitare il più possibile le autorizzazioni all’utilizzo propri dati personali. Bisogna limitare anche l’utilizzo di piattaforme che si basano sull’estrazione massiva di dati o utilizzare strumenti che aumentano il controllo sulla privacy degli utenti (browser sicuri, motori di ricerca rispettosi della privacy e strumenti per il blocco dei tracciamenti, ecc.).
- È necessario diventare più consapevoli dei modi in cui i dati personali vengono raccolti e usati. Questo è fondamentale per difendersi dalla disinformazione e dalla manipolazione. Informarsi sui metodi di tracciamento digitale, sull’uso dei cookie e sugli algoritmi di profilazione aiuta a essere più vigili.
- La disinformazione deve essere prevenuta: per informarsi correttamente bisogna seguire fonti e opinioni diverse, verificandone sempre l’attendibilità.
Queste buone pratiche devono essere accompagnate da leggi sulla gestione dei dati personali più stringenti e da un quadro normativo internazionale che regoli l’uso dei social network in contesti politici e diplomatici, stabilendo limiti chiari per le campagne di propaganda e manipolazione.
In aggiunta servono investimenti in programmi educativi che migliorino la competenza digitale di tutti gli utenti, inclusa la capacità di riconoscere la disinformazione e comprendere il ruolo dei dati personali nell’ecosistema digitale.
Infine, risulta necessario imporre alle aziende che gestiscono queste piattaforme un maggiore livello di responsabilità per i contenuti condivisi, prevedendo multe per la diffusione di notizie false o di materiale illegale e richiedendo la rimozione tempestiva di contenuti problematici, come quelli legati alla disinformazione e alla propaganda.
Conclusioni
L’influenza dei social network è un fenomeno complesso che porta con sé opportunità e rischi. Affrontare le sfide connesse richiede un impegno congiunto da parte dei governi, delle piattaforme digitali e degli utenti per garantire trasparenza, regolamentazione efficace e maggiore consapevolezza nell’uso dei social network. Comprendere e gestire il potere di queste piattaforme è una delle sfide più complesse che ci attendono. La loro influenza continuerà a plasmare non solo le dinamiche tra gli stati, ma anche il rapporto tra il potere e la popolazione in un mondo sempre più interconnesso.
Articolo a cura del Team Governance, Risk and Compliance e del Team Innovation and People Management
Consulthink S.p.A.
info[@]consulthink.it
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